Il regime fiscale degli omaggi – Imposte Sui Redditi, IRAP E IVA

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1 PREMESSA


La presente Circolare esamina la disciplina degli oneri sostenuti per omaggi ai fini delle imposte sui redditi, tenendo conto del regime delle spese di rappresentanza, deducibili dal reddito di impresa nell’esercizio di sostenimento ove rispettino i requisiti di congruità e inerenza (art. 108 co. 2 del TUIR e DM 19.11.2008).
Ai fini IVA, invece, si procederà ad analizzare il regime di imponibilità e di detraibilità dell’imposta afferente alle cessioni gratuite di beni distinguendo tra:
• beni rientranti nell’attività propria d’impresa;
• beni non rientranti nell’attività propria d’impresa.

Infine, un apposito paragrafo è dedicato all’analisi della disciplina fiscale dei c.d. “buoni acquisto” (voucher) .

Nuove soglie di deducibilità delle spese di rappresentanza dal 2016


L’art. 9 del DLgs. 14.9.2015 n. 147 ha modificato l’art. 108 co. 2 del TUIR, con decorrenza dal periodo d’imposta successivo a quello della sua entrata in vigore; considerando che il DLgs. 147/2015 è entrato in vigore il 7.10.2015, per i soggetti “solari” le nuove misure di deducibilità operano, quindi, a partire dall’1.1.2016 (con impatto sul modello REDDITI 2017).
In sostanza, la novella normativa conferma la regolamentazione attraverso il rinvio al DM 19.11.2008 limitatamente al requisito dell’inerenza, prevedendo invece direttamente nel testo del “nuovo”
art. 108 co. 2 del TUIR i parametri relativi alla valutazione della congruità .

2 IMPOSTE SUI REDDITI E IRAP


La normativa riguardante le imposte sui redditi non prevede una definizione espressa di omaggio. In linea generale, la dottrina prevalente identifica come “omaggi” quei beni ceduti da un soggetto senza la richiesta del relativo prezzo o di alcuna contropartita.


Sconti merce, premi e omaggi


Dal punto di vista fiscale, i premi e gli sconti non sono assimilabili agli omaggi.
Gli sconti rappresentano un riconoscimento gratuito al cliente attuato attraverso la cessione di un bene o, meglio, di una quantità aggiuntiva di un certo bene prodotto o commercializzato dall’impresa venditrice, in rapporto a determinati comportamenti di acquisto .
Infatti, come si può rilevare dai comportamenti posti in essere nelle transazioni commerciali, i premi e gli sconti risultano sempre collegati ad un accordo contrattuale (anche di tipo verbale) legato all’attività di acquisto da parte del cliente.
In conclusione, gli sconti e i premi non possono essere assimilati agli omaggi, in quanto la principale peculiarità degli omaggi consiste nell’atto di liberalità posto in essere spontaneamente dall’impresa, atto che si presenta del tutto indipendente dai comportamenti attuati da soggetti terzi.


2.1 SOGGETTI ESERCENTI ATTIVITÀ DI IMPRESA


L’onere sostenuto per un omaggio può assumere per l’impresa diversa natura reddituale a secon-da che il bene venga ceduto:
• ai clienti;
• ai dipendenti e ai soggetti fiscalmente assimilati.


2.1.1 Omaggi ai clienti


In linea generale, gli oneri sostenuti per omaggi distribuiti ai clienti rientrano tra le c.d. “spese di rappresentanza”.

Nozione di spese di rappresentanza


Per identificare la nozione di spesa di rappresentanza occorre fare riferimento al DM 19.11.2008, attuativo dell’art. 108 co. 2 del TUIR. Il citato provvedimento, infatti, definisce “di rappresentanza” le spese sostenute per effettuare erogazioni a titolo gratuito di beni e servizi .
Pertanto, sulla base di tale disciplina, devono ritenersi rientranti tra le spese di rappresentanza an-che quelle sostenute per la distribuzione gratuita di gadget (es. calendari, agende, penne, ecc.) che in precedenza, al ricorrere di determinate condizioni, potevano essere ricondotte tra le spese di pubblicità .

Deducibilità dal reddito degli omaggi a scopi di rappresentanza

Ai sensi dell’art. 108 co. 2 del TUIR, gli omaggi sono deducibili:
• interamente, se di valore unitario non superiore a 50,00 euro;
• nell’esercizio di sostenimento nel rispetto dei requisiti di congruità e inerenza, se il valore uni¬tario supera 50,00 euro.

La circ. Agenzia delle Entrate 13.7.2009 n. 34 (§ 5.4) ha chiarito che la deducibilità integrale dei “piccoli omaggi” non è applicabile alle spese relative a servizi. Pertanto, le spese sostenute per prestazioni gratuite di servizi, o titoli rappresentativi delle stesse , sono sempre deducibili secondo i criteri previsti dal DM 19.11.2008, a prescindere dal loro valore.

Tanto premesso, al fine di determinare il “valore unitario” dell’omaggio consegnato, occorre fare riferimento:
• al regalo nel suo complesso (es. cesto natalizio), e non ai singoli beni che lo compon¬gono ;
• al valore normale del bene.

Considerato che, prima del DLgs. 21.11.2014 n. 175, l’IVA era indetraibile per gli omaggi aventi valore unitario superiore a 25,82 euro , a ben vedere la spesa sostenuta per l’acquisto di tali beni era integralmente deducibile soltanto ove l’imponibile IVA fosse pari a:
• 48,08 euro, se l’aliquota IVA era pari al 4%;
• 45,45 euro, se l’aliquota IVA era pari al 10%;
• 40,98 euro, se l’aliquota IVA era pari al 22%.

Tale problematica è venuta meno a seguito dell’allineamento a 50,00 euro della soglia per la detraibilità IVA delle spese di rappresentanza, per effetto dell’art. 30 del DLgs. 21.11.2014 n. 175, in vigore per le operazioni effettuate dal 13.12.2014. Pertanto, ad esempio, l’acquisto di un bene-omaggio di valore unitario pari a 49,00 euro potrà essere considerato integralmente deducibile ai fini delle imposte sul reddito, senza effettuare la suddetta verifica.

Come accennato in premessa, l’art. 9 del DLgs. 14.9.2015 n. 147 è intervenuto sull’art. 108 co. 2 del TUIR, con un innalzamento, dal 2016 per i soggetti “solari”, della soglia di deducibilità fiscale delle spese di rappresentanza.
Ove l’omaggio abbia valore unitario superiore a 50,00 euro, le spese “inerenti” sostenute per il suo acquisto possono essere dedotte interamente nell’esercizio di competenza nel rispetto dei seguen-ti limiti di congruità:
• all’1,5% (in luogo del precedente 1,3%) dei ricavi e proventi della gestione caratteristica , fi-no a 10 milioni di euro;
• allo 0,6% (in luogo del precedente 0,5%) dei suddetti ricavi e proventi, per la parte com-presa tra 10 e 50 milioni di euro;
• allo 0,4% (in luogo del precedente 0,1%) dei suddetti ricavi e proventi, per la parte ecce-dente 50 milioni di euro.

Tali limiti si applicano secondo una logica a scaglioni.

Viene, inoltre, previsto che, con un successivo decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze, potrà essere variata:
• la misura deducibile delle spese di rappresentanza;
• il limite di deducibilità integrale dei beni distribuiti gratuitamente (omaggi), attualmente fissato in misura pari a 50,00 euro.

Nozione di “valore unitario” rilevante per i beni autoprodotti

L’Agenzia delle Entrate, nella ris. 12.3.2014 n. 27, ha fornito chiarimenti in merito alla nozione di “va­lore unitario” per i beni autoprodotti dall’impresa, vale a dire i beni alla cui ideazione, pro­du­zio­ne e commercializzazione è diretta l’attività d’impresa che vengono prodotti dalla società o che sono commissionati a lavoranti esterni e acquistati dall’impresa per la successiva rivendita.

La nozione di “valore unitario” assume, infatti, una rilevanza specifica in relazione ai beni autopro­dotti considerato che, in linea generale, per tali beni il valore di mercato e il costo sostenuto per la produzione divergono.

La citata risoluzione ha affermato che:

  • con l’utilizzo della locuzione “valore” in luogo di “costo” il legislatore ha voluto riferirsi al valore normale dei beni, determinato ai sensi dell’art. 9 del TUIR;
  • il valore di mercato dell’omaggio rileva unicamente al fine di individuare le spese di rap­pre­sentanza da sottoporre al regime di deducibilità limitata;
  • una volta qualificata la spesa come di rappresentanza (se, quindi, il valore di mercato risul­ta superiore a 50,00 euro), ai fini del calcolo del limite di deducibilità concorre invece, per intero, il costo di produzione effettivamente sostenuto dall’impresa, indipendentemente dal fatto che lo stesso sia inferiore o meno a 50,00 euro.

A titolo esemplificativo, nel caso in cui l’omaggio autoprodotto abbia un valore di mercato pari a 80,00 euro e un costo di produzione di 40,00 euro:

  • l’omaggio costituisce una spesa di rappresentanza da sottoporre alla verifica del limite di de­ducibilità (valore di mercato superiore al limite di 50,00 euro);
  • ai fini del calcolo del plafond di deducibilità rileva l’importo di 40,00 euro (costo di produ­zio­ne effettivo).

La citata risoluzione ha, inoltre, precisato che qualora il valore normale dell’omaggio autoprodotto sia inferiore o uguale a 50,00 euro, il costo effettivamente sostenuto per la produzione beneficia della deduzione integrale. Pertanto, ad esempio, nel caso in cui l’omaggio autoprodotto abbia un valore di mercato pari a 40,00 euro e un costo di produzione pari a 30,00 euro, l’omaggio è interamente deducibile per 30,00 euro.

Inerenza

Il DM 19.11.2008 disciplina il requisito dell’inerenza e richiede che le spese di rappresentanza, per essere de­ducibili dal reddito d’impresa, siano:

  • effettuate con finalità promozionali o di pubbliche relazioni e
  • sostenute secondo criteri di ragionevolezza in funzione dell’obiettivo di generare, anche potenzial­mente, benefici economici per l’impresa ovvero secondo coerenza con le pratiche commerciali di settore.

Come sopra indicato, il soddisfacimento di tali requisiti non è richiesto per dedurre i costi d’acqui­sto degli omaggi di valore unitario non superiore a 50,00 euro.

2.1.2 Omaggi ai dipendenti e ai soggetti fiscalmente assimilati

Gli omaggi ai dipendenti presentano una propria disciplina specifica, indipendente dalla loro fun­zione di rappresentanza o pubblicità per l’impresa che li distribuisce.

La disciplina in esame è applicabile anche ai titolari di altri rapporti di lavoro i cui redditi siano fiscal­­mente assimilati al lavoro dipendente, ai sensi dell’art. 50 del TUIR, in particolare i collaboratori coor­di­nati e continuativi.

In linea generale, il costo sostenuto dal datore di lavoro per l’acquisto di beni da destinare in omaggio ai di­­pendenti e ai soggetti fiscalmente assimilati (es. collaboratori coordinati e continuativi) è dedu­ci­bile dal red­dito d’impresa secondo le norme relative ai costi per le prestazioni di lavoro di cui all’art. 95 co. 1 del TUIR[1].

Il suddetto art. 95 considera deducibili dal reddito le spese sostenute a titolo di liberalità a favore dei lavo­ratori dipendenti (e assimilati), purché queste non abbiano finalità di educazione, istruzione, ri­creazione, assistenza sociale e sanitaria o culto. Tale esclusione è motivata da quanto disposto dall’art. 100 co. 1 del TUIR, che considera le spese sopraelencate deducibili dal reddito d’impresa per un ammontare non supe­­riore al 5 per mille delle spese per prestazioni di lavoro dipendente.

Inclusione nel reddito di lavoro dipendente o assimilato – Condizioni

Il disposto generale dell’art. 51 co. 1 del TUIR prevede l’assorbimento da parte del reddito di la­voro di­pen­dente di quei “valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro”.

Tali regole si applicano anche con riferimento ai titolari di redditi assimilati al lavoro dipendente ai sensi dell’art. 50 del TUIR, per effetto del rinvio operato dal successivo art. 52.

Le erogazioni liberali concesse ai dipendenti (e soggetti assimilati) sono, in linea generale, assog­get­tate a tass­a­­zione[2]. Ai sensi dell’abrogata lett. b) dell’art. 51 co. 2 del TUIR, infatti, non con­cor­re­vano a for­ma­re il reddito di lavoro dipendente il valore dei beni che costituivano eroga­zioni libe­rali concesse in occa­sio­ne di festività o ricorrenze alla generalità o a categorie di dipen­denti (o soggetti assimilati), nel limite di 258,23 euro per periodo d’imposta.

La circ. Agenzia delle Entrate 22.10.2008 n. 59 (§ 16) ha chiarito che gli omaggi ricevuti dai dipen­denti (e soggetti assimilati) possono ancora non concorrere alla formazione del reddito qualora non superino, insie­me all’ammontare degli altri fringe benefit, il limite previsto dall’art. 51 co. 3 del TUIR.

Limite di non concorrenza al reddito per le cessioni gratuite di beni e altri fringe benefit – Novità

Ai sensi dell’art. 51 co. 3 del TUIR, non concorre a formare il reddito del dipendente (o soggetto assi­milato) il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati gratuitamente se complessivamente di im­porto non superiore a 258,23 euro per periodo d’imposta.

L’art. 112 del DL 14.8.2020 n. 104, conv. L. 13.10.2020 n. 126, ha incrementato tale soglia, per il solo periodo d’imposta 2020, a 516,46 euro.

Se il predetto valore è superiore al citato limite, lo stesso concorre interamente alla formazione del reddito[3].

La C.M. 23.12.97 n. 326/E (§ 2.3.1) ha precisato che il summenzionato limite di esenzione va determinato considerando anche il valore complessivo di tutti i fringe benefit disciplinati dall’art. 51
co. 4 del TUIR, concessi al lavoratore nel periodo d’imposta.

Corresponsione di buoni acquisto

Ai sensi del co. 3-bis dell’art. 51 del TUIR (introdotto dall’art. 1 co. 190 lett. b) della L. 208/2015), ai “fini dell’applicazione dei commi 2 e 3, l’erogazione di beni, prestazioni, opere e servizi da parte del datore di lavoro può avvenire mediante documenti di legittimazione, in formato cartaceo o elettronico, riportanti un valore nominale”.

Come chiarito dalla circ. Agenzia delle Entrate 15.6.2016 n. 28 (§ 2.4), il co. 3-bis, nel disci­plinare in via generale tale modalità di erogazione dei benefit, sancisce che i titoli che li rappre­sen­tano, an­che se connotati da un valore nominale, non configurano denaro.

Pertanto, i voucher natalizi costituirebbero fringe benefit in capo ai dipendenti e beneficerebbero del­l’esclusione da imposizione se di importo non superiore nel periodo d’imposta 2020 a 516,46 euro (complessivamente con gli altri fringe benefit ricevuti).

2.1.3 Contribuenti con regimi agevolati

Per i contribuenti che determinano il reddito secondo il regime di vantaggio per l’imprenditoria gio­vanile e i lavoratori in mobilità (c.d. “contribuenti minimi” di cui all’art. 27 del DL 98/2011)[4], do­vreb­bero valere i chiarimenti forniti dall’Ammini­strazione finanziaria con riferimento al precedente regime dei minimi[5].

La circ. Agenzia delle En­trate 13.7.2009 n. 34 (§ 9) ha precisato che le spese per omaggi possono essere de­dotte integralmente soltanto se di valore pari o inferiore a 50,00 euro (in base al principio di cassa pro­prio del regime in esame), a condizione che l’inerenza all’attività d’impresa sia dimo­strabile sulla base di criteri oggettivi.

Per gli omaggi di valore unitario superiore a 50,00 euro, invece, si applica il trattamento previsto per le altre spese di rappresentanza e, quindi, sempre secondo la suddetta circ. 34/2009, la deduci­bi­lità sulla base delle regole proprie del DM 19.11.2008.

A fondamento della propria tesi, l’Agenzia delle Entrate richiama la precedente circ. 28.1.2008 n. 7 (§ 5.1), la quale peraltro aveva sostenuto la piena deducibilità delle spese per omaggi (purché ine­renti), a prescindere dal valore unitario degli stessi. La posizione fatta propria dalla circ. 34/2009 sembra inoltre contrastare con uno dei principi cardine che presiedono alla determinazione del reddito dei contribuenti che si avvalgono del regime in esame, vale a dire l’inapplicabilità delle norme del TUIR che prevedono specifiche limitazioni alla deducibilità di determinati costi[6].

Tuttavia, le istruzioni alla compilazione del modello REDDITI PF 2020 (rigo LM5), in relazione alle spese per omaggi, vitto e alloggio, affermano che “dette spese possono essere portate in deduzione per l’intero importo pagato se inerenti all’esercizio dell’attività”.

Con riferimento ai contribuenti che determinano il reddito secondo il regime forfetario per gli autonomi di cui alla L. 23.12.2014 n. 190 (legge di stabilità 2015), il tema della deducibilità degli omaggi non assume alcun rilievo, posto che le spese eventualmente sostenute non sono dedu­ci­bi­li ana­liticamente, essendo il loro ammontare predefinito nel coefficiente di redditività[7].

Ne consegue che le considerazioni sopra esposte con riferimento al regime di vantaggio non sono applicabili a tale regime.

2.1.4 Disciplina ai fini IRAP

Omaggi ai clienti

Con riguardo alla determinazione della base imponibile IRAP per i soggetti IRES[8], in seguito all’a­bro­ga­zione dell’art. 11-bis del DLgs. 15.12.97 n. 446[9], le spese per omaggi sono deducibili per l’importo stan­­ziato a Conto economico.

Per i soggetti IRPEF[10], invece, gli oneri diversi di gestione, tra cui sono classificati gli omaggi, non sono com­presi tra i costi deducibili previsti dall’art. 5-bis del DLgs. 446/97. Di conseguenza, per gli impren­di­to­ri individuali e le società di persone gli omaggi non sono deducibili ai fini IRAP.

Si segnala peraltro che le istruzioni ai modelli di dichiarazione IRAP, fino al modello approvato nel 2012, limitavano la previsione di inde­du­cibi­lità agli omaggi di valore unitario superiore a 50,00 euro (rientranti tra le spese di rappresen­tanza).

Omaggi ai dipendenti e ai soggetti assimilati

Per quanto riguarda i soggetti IRES[11], l’art. 5 co. 1 e 3 del DLgs. 446/97 prevede l’indeducibilità dei costi relativi al personale, anche se contabilizzati in Conto economico in voci diverse dalla B.9 (spese per il personale).

Il precedente art. 11 co. 2 del DLgs. 446/97 sembrava escludere in ogni caso la deducibilità dal­l’im­­po­ni­bile IRAP degli omaggi ai dipendenti (e collaboratori coordinati e continuativi). Infatti, secon­do la norma gli omaggi risultavano indeducibili:

  • se contabilizzati tra le spese per il personale quando distribuiti in relazione al rapporto di lavo­ro;
  • se classificati tra gli oneri diversi di gestione.

Ai sensi dell’abrogato art. 11 co. 2 del DLgs. 446/97 erano comunque deducibili “le somme ero­gate a terzi per l’acquisizione di beni e di servizi destinati alla generalità o a categorie dei dipen­denti e dei collaboratori”.

La circ. Agenzia delle Entrate 26.5.2009 n. 27 (§ 1.4) ha precisato che l’abrogazione dell’art. 11 co. 2 del DLgs. 446/97 riveste carattere esclusivamente formale, posto che la regola enunciata dal­la norma sop­­pressa si desume comunque dalla disciplina dell’IRAP, ove sono resi indeducibili, in capo al soggetto pas­sivo, quei costi che non rappresentano, ai fini del tributo, componenti posi­tive imponibili per il soggetto per­cettore.

Di conseguenza, gli omaggi destinati ai dipendenti o collaboratori sembrerebbero:

  • deducibili ove siano funzionali all’attività d’impresa, non assumendo natura retributiva per il di­pen­­dente (o collaboratore);
  • indeducibili se considerati tra le spese per il personale, in quanto assumenti natura retri­­bu­tiva, fatta eccezione per gli omaggi destinati ai lavoratori per i quali è prevista la dedu­cibilità analitica dei relativi costi (es. di­pendenti a tempo indeterminato[12]).

Per i soggetti IRPEF che non hanno optato per la determinazione della base imponibile in base al bilan­cio, invece, gli omaggi ai dipendenti (o collaboratori) sono indeducibili ai fini IRAP, posto che i relativi costi d’acquisto non sono menzionati tra quelli deducibili ex art. 5-bis del DLgs. 446/97, salvo che siano de­stinati a lavoratori per i quali è stabilita la deducibilità analitica dei relativi costi (es. dipendenti a tempo in­de­terminato[13]).

2.2 Esercenti arti e professioni

La cessione gratuita di beni non strumentali non costituisce reddito per il professionista[14]. Infatti, l’art. 54 del TUIR non contiene una disposizione espressa in merito, diversamente da quanto previsto per gli eser­centi attività d’impresa[15].

2.2.1 Omaggi ai clienti del professionista

Ai sensi dell’art. 54 co. 5 del TUIR, il costo dei beni oggetto di cessione gratuita od omaggio alla clien­tela è deducibile dal reddito del professionista, a titolo di spesa di rappresentanza, nel limite dell’1% dei com­pensi percepiti nel periodo d’imposta.

Come chiarito dall’Amministrazione finanziaria[16], la nozione di spese di rappresentanza di cui al DM 19.11.2008 rileva anche ai fini del reddito di lavoro autonomo; di conseguenza, anche in tal caso deve esse­re rispettato il requisito dell’inerenza.

2.2.2 Omaggi ai dipendenti e ai collaboratori del professionista

Per i professionisti, il costo sostenuto per l’acquisto di beni dati in omaggio ai propri dipendenti non è spe­­ci­ficamente disciplinato dal TUIR.

Sul punto, la tesi prevalente considera il costo di tali omaggi deducibile a norma dell’art. 54 co. 1 del TUIR (ovvero, in misura integrale). Tale previsione, infatti, avrebbe una portata del tutto analoga a quella dell’art. 95 dello stesso TUIR, che include le spese effettuate a titolo di liberalità verso i dipendenti tra le spese per prestazioni di lavoro.

Tale impostazione sembra peraltro avallata dal DM 19.11.2008, secondo il quale la finalità promo­zionale o di pubbliche relazioni esclude che possano qualificarsi come spese di rappresen­tanza le erogazioni gra­tuite a beneficio di soci, dipendenti o collaboratori.

Le medesime disposizioni sembrerebbero applicabili anche ai collaboratori coordinati e continua­tivi.

2.2.3 Contribuenti con regimi agevolati

Per i contribuenti che determinano il reddito secondo il regime di vantaggio per l’imprenditoria gio­va­nile e i lavoratori in mobilità (c.d. “contribuenti minimi” di cui all’art. 27 del DL 98/2011)[17], do­vreb­bero valere i chiarimenti forniti dall’Amministrazione finanziaria con riferimento al “vecchio” regime dei minimi[18].

La circ. Agenzia delle Entrate 13.7.2009 n. 34 (§ 9) ha precisato che le spese per omaggi possono essere de­dotte integralmente soltanto se di valore pari o inferiore a 50,00 euro (in base al principio di cassa pro­prio del regime in esame), a condizione che l’inerenza sia dimostrabile sulla base di criteri oggettivi.

Per gli omaggi di valore unitario superiore a 50,00 euro, si applica il trattamento previsto per le altre spe­se di rappresentanza e, quindi, sempre secondo la circ. 34/2009, la deducibilità nel limite del plafond dell’1% del reddito di lavoro autonomo professionale[19].

Con riferimento ai contribuenti che determinano il reddito secondo il regime forfetario per gli autonomi di cui alla L. 23.12.2014 n. 190 (legge di stabilità 2015), il tema della deducibilità degli omaggi non assume alcun rilievo, posto che le spese eventualmente sostenute non sono dedu­cibili analiticamente, essendo il loro ammontare predefinito nel coefficiente di redditività[20].

Ne consegue che le considerazioni sopra esposte con riferimento al regime di vantaggio non sono applicabili a tale regime.

2.2.4 Disciplina ai fini IRAP

Ai sensi dell’art. 8 co. 1 del DLgs. 15.12.97 n. 446, sono indeducibili ai fini IRAP i costi sostenuti dal pro­fes­sionista per le spese di lavoro dipendente e assimilato (fatte salve le deduzioni previste dal successivo art. 11 del medesimo DLgs.).

In linea generale, quindi, le spese per omaggi sembrerebbero indeducibili, considerata la loro in­clu­sione tra i costi per il lavoro dipendente e assimilato, salvo che tali omaggi:

  • risultino funzionali all’attività di lavoro autonomo e non assumano natura retributiva per il dipendente o collaboratore;
  • oppure siano destinati a lavoratori per i quali è prevista la deducibilità analitica dei relativi costi (es. di­pendenti a tempo indeterminato).

3 IVA

Le cessioni gratuite di beni seguono la disciplina generale dell’art. 2 co. 2 n. 4 del DPR 26.10.72 n. 633, il quale le considera “assimilate” alle cessioni “in senso stretto” e come tali imponibili IVA; di conseguenza, l’IVA a monte è detraibile.

Tuttavia, lo stesso art. 2 co. 2 n. 4 individua un’eccezione alla regola generale di imponibilità degli omaggi, considerando fuori campo IVA i beni non rientranti nell’attività propria dell’impresa, a pre­scindere dal costo unitario degli stessi (superiore, pari o inferiore a 50,00 euro). Per tali omaggi, l’IVA a monte può essere detratta a condizione che il costo unitario dei beni non sia superiore a 50,00 euro.

Ai fini della detrazione dell’IVA, quindi, rileva, innanzi tutto, quella che viene definita “attività pro­pria dell’impresa”.

La nozione di “attività propria dell’impresa” si evince dai chiarimenti forniti dall’Amministrazione finan­­­ziaria, tra cui si segnala la C.M. 3.8.79 n. 25/364495, che la definisce come “ogni attività compresa nell’ordinario campo d’azione dell’impresa e cioè nell’oggetto proprio e istituzionale del­la stessa, con la sola esclusione di quelle attività che risultino svolte non in via principale, vale a di­re come direttamente rivolte al conseguimento delle finalità proprie dell’impresa, ma in via meramente strumentale, accessoria od occa­sionale”.

La prassi ministeriale precisa che rileva l’attività effettivamente svolta, e non i dati formali presenti nell’atto costitutivo.

Spese di rappresentanza

L’art. 19-bis1 co. 1 lett. h) del DPR 633/72 prevede l’indetraibilità dell’IVA riferita agli oneri soste­nuti per le spese di rappresentanza, come definite ai fini delle imposte sui redditi[23], salvo che per quella assolta sui beni di costo unitario non superiore a 50,00 euro.

Posto che la nozione di spese di rappresentanza prevista dal DM 19.11.2008, attuativo dell’art. 108 co. 2 del TUIR[24], si estende automaticamente anche ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, l’IVA sostenuta per l’acquisto di beni e servizi qualificati come “di rappresentanza” è indetraibile, se si trat­­ta di beni di costo unitario superiore a 50,00 euro, a prescindere dalla deduci­bilità dei relativi co­sti dal reddito d’impresa.

La C.M. 16.7.98 n. 188/E (§ 6.2) ha tuttavia chiarito che:

  • gli acquisti di beni destinati a essere ceduti gratuitamente, la cui produzione o il cui com­mercio non rientra nell’attività propria dell’impresa, costituiscono sempre spese di rap­pre­sentanza;
  • viceversa, gli acquisti di beni destinati ad essere ceduti gratuitamente, la cui produzione o il cui commercio rientra nell’attività propria dell’impresa, non costituiscono spese di rap­pre­sentanza.

Al riguardo, non è ancora stato chiarito se la suddetta distinzione trovi ancora applicazione, posto che tale diversità di trattamento non si rinviene nella disciplina di cui al citato DM 19.11.2008.

In attesa degli auspicati chiarimenti ufficiali, il regime IVA dei beni ceduti a titolo di omaggio viene di seguito analizzato sulla base della suddetta distinzione indicata dall’Amministrazione finan­ziaria.

3.1 Beni rientranti nell’attività propria dell’impresa

Come sopra indicato, la C.M. 16.7.98 n. 188/E (§ 6.2) ha chiarito che gli acquisti di beni destinati ad essere ceduti gratuitamente, la cui produzione o commercio rientra nell’attività propria dell’im­pre­sa, non costi­tui­scono spese di rappresentanza. Pertanto, l’IVA assolta all’atto dell’acqui­sto è detraibile, non trovando applicazione la previsione di indetraibilità oggettiva di cui all’art. 19-bis1 co. 1 lett. h) del DPR 633/72.

Per la cessione gratuita, ai sensi dell’art. 2 co. 2 n. 4 del DPR 633/72, i beni ceduti risultano impo­nibili IVA indipendentemente dal loro costo (di acquisto o di produzione) unitario. Pertanto, non rileva se gli stessi presentano un costo inferiore, pari o superiore a 50,00 euro.

3.1.1 Prezzo di acquisto o di costo

L’art. 13 co. 2 lett. c) del DPR 633/72 assume come base imponibile delle operazioni gra­tuite, da determinare nel momento in cui si effettuano le operazioni in esame[25]:

  • il prezzo di acquisto dei beni (o di beni simili);
  • ovvero, in mancanza, il prezzo di costo[26].

3.1.2 Documentazione per la cessione

L’art. 18 co. 3 del DPR 633/72 dispone che la rivalsa dell’IVA non è obbligatoria per le cessioni gratuite di cui all’art. 2 co. 2 n. 4.

In assenza di rivalsa, l’operazione può essere certificata, alternativamente[27]:

Come chiarito in via di prassi (si veda la guida Agenzia delle Entrate 25.11.2020, p. 22), le autofatture per omaggi devono essere emesse come fatture elettroniche e inviate al Sistema di Interscambio:

3.1.3 Indeducibilità dell’IVA non addebitata in rivalsa

L’IVA non addebitata in rivalsa è indeducibile ai fini delle imposte dirette. In questo senso si è espressa la circ. Agenzia delle Entrate 18.6.2001 n. 57 (§ 8.1)[29].

3.1.4 Campioni gratuiti

In base all’art. 2 co. 3 lett. d) del DPR 633/72, sono escluse da IVA le cessioni gratuite di cam­pioni[30] di mo­dico valore appositamente contrassegnati[31].

Ai sensi dell’art. 19 co. 3 lett. c) del DPR 633/72, è detraibile l’IVA relativa alle operazioni escluse da im­posta di cui all’art. 2 co. 3 lett. d).

In pratica, pur trattandosi di cessioni “fuori campo IVA”, il diritto di detrazione resta esercitabile.

Esclusione da IVA – Condizioni

La prassi ministeriale individua le seguenti condizioni di esclusione dal campo di applicazione dell’IVA:

  • i campioni devono essere di modico valore[32]. Al riguardo, occorre fare riferimento agli usi com­­merciali, restando comunque imponibili i beni di valore significativo; i campioni, inoltre, non de­vo­no essere necessariamente beni di dimensione o di valore inferiore ai beni com­mer­cializzati dal­l’im­presa, potendo anche trattarsi di esemplari dei suddetti beni;
  • deve trattarsi di campioni gratuiti, ceduti “per promuovere il bene, al fine di migliorarne la cono­scenza e la diffusione presso gli utilizzatori, attuali e potenziali[33];
  • i beni devono essere appositamente contrassegnati in maniera indelebile, “sia per evitare che  […] possano formare successivamente oggetto di commercializzazione, sia per impedire che si possano verificare manovre distorsive della concorrenza[34]. Il requisito dell’inde­le­bi­lità della dicitura implica che non è valida la mera apposizione di un adesivo sul prodotto[35]. In proposito si riscontra un diverso orientamento della Corte di Cassazione[36], la quale ha affermato che “in assenza di una puntuale previsione normativa che preveda l’indele­bilità del contrassegno, deve, dunque, ritenersi che l’obbligo di contrassegnare i campioni sia correttamente assolto mediante l’apposizione di un’etichettatura, benché rimuovibile, sui beni ovvero […] sull’involucro che li contiene”.

3.2 Beni non rientranti nell’attività propria dell’impresa

In base al chiarimento fornito dalla C.M. 16.7.98 n. 188/E (§ 6.2), gli acquisti di beni destinati ad es­sere ceduti gratuitamente, la cui produzione o il cui commercio non rientra nell’attività propria del­l’impresa, costituiscono sempre spese di rappresentanza, indipendentemente dal costo unitario dei beni stessi.

L’art. 19-bis1 co. 1 lett. h) del DPR 633/72 prevede la detraibilità dell’IVA relativa alle spese di rappre­sen­tanza sostenute per l’acquisto di beni di costo unitario non superiore a 50,00 euro[37].

In base al combinato disposto dell’art. 2 co. 2 n. 4 e dell’art. 19-bis1 co. 1 lett. h) del DPR 633/72, si ha che, per i beni non rientranti nell’attività propria dell’impresa (non essendo di propria produ­zione o com­mer­cio), la cessione gratuita è sempre esclusa da IVA[38].

L’IVA “a monte”, invece, è:

  • detraibile, se il costo d’acquisto unitario del bene non è superiore a 50,00 euro;
  • indetraibile, se il costo d’acquisto unitario del bene è superiore a 50,00 euro.

3.2.1 Confezioni di beni

Se l’omaggio è rappresentato da una confezione di beni, ai fini dell’individuazione del regime IVA ap­pli­cabile, occorre avere riguardo al costo dell’intera confezione, anziché al costo dei singoli beni[39].

Pertanto, qualora – ad esempio – l’omaggio consista in un cesto natalizio contenente sei diver­si beni, ciascuno del costo unitario di 10,00 euro, lo stesso sarà considerato come un unico omaggio del valore di 60,00 euro (con conseguente indetraibilità dell’IVA afferente l’acquisto dei prodotti me­desimi, in quanto considerata spesa di rappresentanza ex art. 19-bis1 co. 1 lett. h) del DPR 633/72).

Beni soggetti ad aliquote diverse

La C.M. 24.3.92 n. 19/440105, al fine di evitare che il soggetto passivo riporti in fattura l’elenco ana­litico di tutti i prodotti inseriti nella confezione distribuita durante le festi­vità nata­li­zie o pasquali, consente di adottare una procedura semplificata, a condizione che venga depo­sitato, pres­so il compe­tente ufficio delle Entrate (compresa la comunicazione, per cono­scen­za, al Comando della Guar­­­­­­dia di Finanza), l’elenco aggiornato delle confezioni con la specifica­zio­ne delle aliquote applicabili ai sin­goli prodotti.

Se tale condizione risulta soddisfatta, la fattura emessa può riportare esclusivamente:

  • il tipo di confezione;
  • il prezzo complessivo;
  • gli importi imponibili alle diverse aliquote;
  • i corrispondenti ammontari dell’IVA;
  • gli estremi dell’avvenuto deposito del suddetto elenco presso l’ufficio delle Entrate;
  • gli estremi dell’autorizzazione dell’Amministrazione finanziaria che consente all’impresa di non do­ver elencare tutti i singoli beni costituenti la confezione.

In proposito occorre segnalare come non risultino presenti ulteriori documenti di prassi che, successivamente alla pubblicazione di tale risalente circolare, siano tornati ad esprimersi sulla questione. In assenza di ulteriori chiarimenti, la procedura dovrebbe, pertanto, considerarsi tuttora valida.

3.3 Omaggi ai dipendenti

I beni acquistati per essere ceduti a titolo di omaggio ai propri dipendenti non sono inerenti all’at­tività d’im­presa e non possono nemmeno essere qualificati come spese di rappresentanza; di conseguenza:

  • la relativa IVA è indetraibile;
  • la loro cessione gratuita è esclusa dal campo di applicazione dell’imposta, ai sensi dell’art. 2 co. 2 n. 4 del DPR 633/72[40].

Se gli omaggi sono rappresentati da beni oggetto dell’attività d’impresa, spetta la detrazione dell’im­posta, mentre la cessione gratuita è imponibile ex art. 2 co. 2 n. 4 del DPR 633/72[41].

4 Buoni acquisto (voucher)

È ormai prassi diffusa concedere omaggi anche sotto forma di “buoni acquisto” (voucher), che consentono l’acquisto di beni/servizi in determinati esercizi commerciali convenzionati, nel limite del valore facciale esposto sul buono.

4.1 Trattamento ai fini IVA

La disciplina IVA applicabile all’emissione, al trasferimento e al riscatto dei voucher è stata riformata con il DLgs. 29.11.2018 n. 141[42], al fine di recepire le novità introdotte dalla direttiva del Consiglio dell’Unione europea 27.6.2016 n. 1065. Le nuove disposizioni trovano applicazione per i buoni emessi successivamente al 31.12.2018.

Nell’ambito della nuova disciplina, i voucher (o “buoni corrispettivo”) sono definiti come strumenti che contengono l’obbligo di essere accettati come corrispettivo o parziale corrispettivo a fronte di una cessione di beni o di una prestazione di servizi e che riportano sul supporto utilizzato o sulla relativa documentazione le informazioni necessarie a individuare i beni o servizi da cedere o prestare o le identità dei potenziali cedenti o prestatori, ivi incluse le condizioni generali di utilizzo dei buoni medesimi.

Inoltre, nella nuova disciplina, si distingue tra buoni “monouso” e buoni “multiuso” ai fini della corretta individuazione del momento di esigibilità dell’imposta[43].

Buoni “monouso”

Un buono-corrispettivo si considera “monouso” (cfr. art. 6-ter del DPR 633/72) se, fin dal momento della sua emissione, è nota la disciplina applicabile, ai fi­ni IVA, alla cessione di beni o alle prestazio­ni di servizi cui il buono-corrispettivo dà diritto. Vale a dire che, al momento del­l’emis­sione del buono-corrispettivo, sono già noti tutti gli elementi che consentono di determinare il trattamento IVA applica­bile all’operazione ad es­so sottesa (es. natu­ra, qua­lità, quantità dei beni o servizi for­niti).

In virtù di tali caratteristiche, la cessione di beni o la prestazione di servizi cui il buono-corrispettivo “monouso” dà diritto si considera effettua­ta:

  • all’atto dell’emissione del buono-corrispettivo e
  • all’atto di cia­scun trasferimento del buono-corrispettivo antecedente il riscatto dello stesso.

Buoni “multiuso”

Un buono-corrispettivo si considera “multiuso” (cfr. art. 6-quater del DPR 633/72), invece, se la di­sciplina applicabile, ai fini IVA, alla cessione di beni o alla prestazione di servizi cui il buono-cor­rispettivo dà diritto non è nota al momento della sua emissione (ad esempio perché è possibile utilizzare il buono presso un dettagliante che cede beni soggetti ad aliquote IVA diverse).

L’operazione si considera effettuata soltanto nel momento in cui il buono è riscattato, dando luogo ad una cessione di beni o una prestazione di servizi. L’esigibilità dell’imposta sorge secondo le or­dinarie regole di cui all’art. 6 del DPR 633/72.

4.2 Trattamento ai fini delle imposte dirette

L’Agenzia delle Entrate, con la risposta a interpello 12.12.2019 n. 519, ha fornito per la prima volta chiarimenti in merito al trattamento dei voucher con­cessi a terzi ai fini del­l’im­posizione diretta.

In particolare, la deducibilità delle spese sostenute per l’acquisto di voucher che le imprese omaggiano ai propri clienti segue il trattamento delle spese di rappresentanza.

Secondo l’Agenzia delle Entrate, gli oneri sostenuti dall’azienda per l’acquisto di voucher da regalare, a titolo promozionale, ai propri clienti rientrano nella categoria “residuale” delle spese di rappresentanza ex art. 1 co. 1 lett. e) del DM 19.11.2008, nonostante la formulazione letterale della norma faccia riferimento diretto solo a beni e servizi.

Concessione a dipendenti

I buoni acquisto concessi ai dipendenti costituiscono fringe benefit in capo ai dipendenti[44] e i rela­tivi costi rientrerebbero quindi tra quelli deducibili per la società ai sensi dell’art. 95 del TUIR.


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