Per l’Agenzia, è sufficiente che il nesso tra rientro e inizio dell’attività sia verificato in relazione alla prima attività iniziata
Il meccanismo di accesso all’agevolazione relativa ai c.d. impatriati può presentare alcune peculiarità laddove il soggetto che si trasferisce in Italia inizi, subito dopo il trasferimento, una prima attività, ad esempio di lavoro dipendente, e, successivamente, una seconda attività che attribuisca una categoria di reddito diversa, ad esempio di lavoro autonomo, pur sempre ammessa nel perimetro oggettivo dell’agevolazione.
Per meglio chiarire la questione si prenda il caso di un lavoratore, rientrato in Italia a dicembre 2020, che inizi un’attività di lavoro dipendente a gennaio 2021 e successivamente avvii un’attività di lavoro autonomo.
La situazione illustrata pone una prima problematica legata alla formulazione dell’art. 16 del DLgs. 147/2015 il quale riconosce i benefici del regime dei c.d. impatriati ai soggetti che si trasferiscono in Italia e iniziano in Italia un’attività lavorativa; ciò, anche a seguito della riformulazione della norma ad opera del DL 34/2019, applicabile alla situazione summenzionata.
Al riguardo, la prassi dell’Agenzia delle Entrate evidenzia, da sempre, la necessità di un collegamento stretto tra il rientro in Italia della persona e l’inizio di un’attività lavorativa nel territorio nazionale. Il principio, esplicitato nella circ. 23 maggio 2017 n. 17, Parte II, § 3.1, è ripreso dalla risposta a interpello 13 febbraio 2020 n. 59, riferito ad una persona trasferitasi fisicamente in Italia nel mese di maggio di un determinato anno che ha concretamente iniziato l’attività lavorativa nel mese di settembre dello stesso anno: l’Agenzia, in tal caso, ha ravvisato il collegamento in un “precontratto” siglato prima del trasferimento fisico in Italia.
Di tenore negativo è invece la risposta a interpello della DRE Calabria 18 ottobre 2018 n. 919-114/2018 (non recepita in un documento dell’Agenzia delle Entrate centrale), riferita ad una persona trasferitasi fisicamente in Italia il 22 dicembre 2016 e assunta da una società italiana il 31 ottobre 2017: in quella sede, l’agevolazione non è stata riconosciuta in virtù del fatto che il rientro in Italia è stato motivato dalla scadenza del contratto con la società estera presso cui la persona era impiegata e non, invece, da accordi con la nuova società italiana.
Pur aderendo a tale interpretazione restrittiva, nel caso preso ad esempio (trasferimento a dicembre 2020 ed inizio attività come lavoratore dipendente a gennaio 2021) non dovrebbero prospettarsi limiti di accesso all’agevolazione in relazione all’attività di lavoro dipendente, laddove, si supponga, il contratto di lavoro dipendente (o un precontratto) sia stato firmato nel mese di dicembre con data inizio stabilita nel 1° gennaio 2020; in tal caso, infatti, il breve periodo di inattività sarebbe giustificato da eventuali esigenze logistiche ed organizzative.
Con riguardo alla contestuale fruizione del beneficio per il reddito derivante da attività di lavoro autonomo da avviare, successivamente, in Italia, va innanzitutto rilevato che, sotto il profilo oggettivo, sia il reddito di lavoro dipendente sia il reddito di lavoro autonomo rappresentano categorie ammesse al beneficio; pertanto, non paiono sussistere impedimenti di carattere normativo alla fruizione contestuale del beneficio. Con riguardo alla seconda tipologia di reddito, un eventuale limite potrebbe essere dato dal mancato nesso di collegamento tra rientro ed inizio attività, ove, ad esempio, questo avvenisse nel periodo d’imposta successivo al trasferimento.
Nella particolare situazione illustrata, però, tale limite verrebbe superato da un’apertura della circ. Agenzia Entrate 28 dicembre 2020 n. 33 (§ 1), la quale specifica che ove la prima attività soddisfi il requisito del collegamento tra il trasferimento della residenza in Italia e l’inizio dell’attività lavorativa (e sia dunque ammessa la tassazione agevolata dei relativi redditi prodotti in Italia), possono essere oggetto di agevolazione anche gli ulteriori redditi derivanti da attività lavorative intraprese in periodi di imposta successivi al rientro, fermo restando il limite del quinquennio agevolabile.
In altre parole, per la seconda attività avviata successivamente al trasferimento della residenza dovrebbe verificarsi un effetto di “trascinamento”, per cui essa risulterebbe agevolata ove il “collegamento” tra impatrio e inizio dell’attività sia verificato con riferimento alla prima attività.
Esemplificando, il soggetto in esame, che acquisirebbe presumibilmente la residenza fiscale in Italia nel 2021, iniziando nello stesso anno l’attività di lavoro dipendente e, si supponga, nel 2022 l’attività di lavoro autonomo, può fruire del regime agevolato, in presenza di tutti i requisiti previsti dalla norma, fino al periodo di imposta 2025 compreso, usufruendo della detassazione dei redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo, indipendentemente dalla circostanza che l’attività di lavoro autonomo sia stata avviata in un periodo successivo al trasferimento
Fonte: Eutekne