Con le quote dematerializzate reintrodotto il libro soci

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Negli emittenti diffusi la revisione legale può andare al Collegio sindacale

Tra gli ulteriori chiarimenti della circolare Assonime n. 6/2024 che appare opportuno evidenziare si collocano quelli forniti in materia di dematerializzazione delle quote di srl-PMI e di revisione legale nel contesto degli emittenti strumenti finanziari diffusi.

Si ricorda che l’art. 26 comma 2 del DL 179/2012 convertito consente alle srl-PMI di prevedere, nell’atto costitutivo, la creazione di categorie di quote fornite di diritti diversi, determinando liberamente (purché entro i limiti imposti dalla legge) il contenuto delle varie categorie, anche in deroga a quanto previsto dall’art. 2468 commi 2 e 3 c.c.

L’art. 3 della L. 21/2024 introduce, dopo il comma sopra richiamato, 3 nuovi commi, prevedendo, in estrema sintesi, che: le quote di srl-PMI appartenenti alle categorie di cui sopra, con eguale valore e conferenti eguali diritti, possano esistere in forma scritturale ex art. 83-bis del DLgs. 58/98 (comma 2-bis); alle quote emesse in forma scritturale in forza della disposizione precedente si applichi la disciplina di cui alla Parte III Titolo II-bis Capo IV Sezione I del DLgs. 58/98, relativa alla gestione accentrata in regime di dematerializzazione (comma 2-ter); le srl-PMI che si avvalgano della possibilità di creare quote dematerializzate debbano tenere il libro dei soci, mettendolo a disposizione dei soci che ne facciano richiesta.

Per le quote di partecipazione emesse in forma diversa da quella scritturale il libro dei soci deve, distintamente per ogni categoria di quote, indicare: il nome dei soci, la partecipazione di spettanza di ciascuno, i versamenti fatti sulle partecipazioni e le variazioni nelle persone dei soci (comma 2-quater).

A tal riguardo Assonime precisa che, anche alla luce di quanto indicato dalla dottrina maggioritaria, il regime in questione debba trovare applicazione alle srl-PMI che rientrino nei parametri della Raccomandazione europea 2003/362/Ce.
Si ritiene, inoltre, che anche categorie di quote di eguale valore che attribuiscano i diritti del regime ordinario possano rientrare nel concetto di categoria oggetto di dematerializzazione; ciò in quanto sarebbe irragionevole limitare la possibilità di emettere quote dematerializzate con riguardo alle sole quote con diritti speciali.

Con riguardo alla reintroduzione del libro dei soci, poi, Assonime si sofferma sui riflessi di tale novità con riguardo alle categorie di quote non dematerializzate. In particolare, si ritiene che la reintroduzione del libro dei soci non possa incidere sul regime di circolazione ordinario delle quote non dematerializzate e sulla connessa legittimazione all’esercizio dei diritti sociali. Il regime di circolazione/legittimazione delle quote non scritturali rimane, cioè, quello originario, per cui gli amministratori saranno tenuti a consultare le risultanze del Registro delle imprese per avere notizie aggiornate sulla effettiva composizione della compagine sociale legittimata all’esercizio dei diritti sociali.

Peraltro, vi sarebbe la possibilità di introdurre una clausola statutaria che subordini l’efficacia della cessione di quote nei confronti della società e la legittimazione all’esercizio dei diritti sociali all’iscrizione nel libro dei soci, purché l’atto sia già stato iscritto al Registro delle imprese (come attualmente consentito in caso di adozione facoltativa del libro soci). Per quanto attiene all’aggiornamento delle informazioni richieste, infine, nel silenzio della legge, è ritenuto sufficiente che gli amministratori vi provvedano in occasione dei medesimi eventi che danno luogo all’aggiornamento del libro soci per le categorie di quote dematerializzate (ad esempio, in occasione dell’assemblea dei soci).

Quanto alla revisione legale degli emittenti strumenti finanziari diffusi, Assonime si focalizza, in primo luogo, sulla previsione (art. 4 comma 2 della L. 21/2024) che abroga la lett. a) dell’art. 19-bis comma 1 del DLgs. 39/2010. Ciò in quanto, in esito ad essa, eliminandosi gli emittenti diffusi dagli “enti sottoposti a regime intermedio”, si riconosce la possibilità di affidare al Collegio sindacale la revisione legale sul bilancio di questi soggetti.
Peraltro, nel nuovo art. 2325-ter comma 7 c.c. è stabilito che, nel caso previsto dall’art. 2409-bis comma 2 c.c. “si applica alla società di revisione l’articolo 155, comma 2, del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58”.

Ma il richiamato art. 2409-bis comma 2 c.c. attualmente dispone che, nelle società non tenute alla redazione del bilancio consolidato, lo statuto può prevedere che l’attività di revisione legale sia esercitata dal Collegio sindacale, mentre, ai sensi dell’art. 155 comma 2 del DLgs. 58/98, sono il revisore legale o la società di revisione che devono informare “senza indugio” la Consob e l’organo di controllo dei fatti ritenuti censurabili rilevati nello svolgimento dell’attività.

Il nuovo art. 2325-ter comma 7 c.c. è, quindi, ritenuto un errore frutto di una stratificazione normativa non adeguatamente considerata. Ciò in quanto, anche riferendo l’obbligo informativo al Collegio sindacale, sarebbe il richiamo stesso all’art. 155 comma 2 del DLgs. 58/98 ad essere incoerente, essendosi eliminata, per gli emittenti strumenti finanziari diffusi, proprio la vigilanza della Consob.

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