Da valutare gli effetti rispetto agli obblighi di rettifica della detrazione
Con l’approssimarsi del termine del 18 marzo 2024 (essendo il prossimo 16 marzo un sabato) per il versamento del saldo IVA relativo al 2023, i soggetti passivi che nel corso dell’anno passato hanno assegnato beni immobili ai soci sono tenuti a valutare se le suddette operazioni abbiano comportato l’obbligo di effettuare una rettifica della detrazione (a sfavore) o abbiano influito sulla determinazione del pro rata per tale anno.
L’emergere di una rettifica della detrazione o la sussistenza del pro rata, riferiti al 2023, oltre a un’indicazione espressa nel modello di dichiarazione annuale IVA (i cui termini scadono il 30 aprile 2024), possono incidere, infatti, direttamente sui versamenti dovuti a saldo per il 2023.
Si rammenta che le assegnazioni di immobili ai soci ai fini IVA seguono le regole ordinarie. Sono, quindi, equiparate alle cessioni di beni e, in relazione ai fabbricati, si rende applicabile il regime di esenzione da IVA (o di imponibilità a determinate condizioni) previsto dall’art. 10 nn. 8-bis) e 8-ter) del DPR 633/72.
Un’eccezione è rappresentata, per le assegnazioni ai soci, dalla circostanza in cui non sia stato esercitato, all’atto dell’acquisto del bene, il diritto alla detrazione dell’imposta “a monte” (ad esempio perché acquistato da un “privato” o con imposta indetraibile), nel qual caso l’operazione è esclusa da IVA (cfr. circ. Agenzia delle Entrate n. 26/2016 e Studio Notariato n. 46-2023/T).
In linea generale, la finalità “extra-imprenditoriale” dell’operazione dovrebbe escludere il pro rata se la società assegnante ha posto in essere un singolo atto in regime di esenzione IVA ma, in via ordinaria, esercita la propria attività in regime di imponibilità.
Difatti, l’art. 19-bis comma 2 del DPR 633/72 dispone che l’operazione esente non determini il calcolo del pro rata nella misura in cui essa non formi “oggetto dell’attività propria del soggetto passivo”.
Si ricorda che, nell’ottica dell’Amministrazione finanziaria, l’attività propria dell’impresa “va assunta sotto un profilo prevalentemente qualitativo, intesa cioè come quella diretta a realizzare l’oggetto sociale e quindi a qualificare sotto l’aspetto oggettivo l’impresa esercitata, e sotto tale aspetto proiettata sul mercato e, quindi nota ai terzi” (C.M. n. 71/87, ripresa dalla ris. Agenzia delle Entrate n. 41/2011 e dalla risposta n. 83/2023).
Secondo la giurisprudenza nazionale, non rientrano nell’attività propria dell’impresa le operazioni “che, pur previste nell’atto costitutivo, sono eseguite solo in modo occasionale o accessorio per un migliore svolgimento dell’attività propria d’impresa” (tra le altre, Cass. n. 11085/2008).
Rientrano, invece, nell’attività propria gli atti finalizzati al perseguimento del fine produttivo “secondo parametri di regolarità causale o comunque che siano legati al perseguimento del fine da una connessione funzionale non occasionale” (Cass. n. 4912/2013).
Il carattere di occasionalità della cessione ricorre nel momento in cui la vendita riveste carattere inusuale rispetto all’attività della società (Corte di Giustizia Ue, causa C-98/07).
Anche per le società immobiliari dovrebbe prevalere la linea dell’occasionalità, non integrando – nella maggior parte dei casi – l’atto di assegnazione o cessione agevolata il fine produttivo dell’impresa.
La rettifica riguarda i beni con IVA “a monte” detratta
A fronte di un’assegnazione in regime di esenzione IVA, la società assegnante deve porsi anche il tema delle conseguenze in termini di rettifica della detrazione.
Fermo il rispetto del periodo decennale di osservazione previsto per i fabbricati, ai sensi dell’art. 19-bis2 del DPR 633/72 rientrano negli obblighi di rettifica (per “cambio di destinazione” del bene) le assegnazioni in regime di esenzione di immobili per i quali l’IVA “a monte” è stata, invece, detratta.
La determinazione del quantum della rettifica e dell’eventuale connesso versamento avviene nella dichiarazione IVA relativa all’anno di assegnazione del bene (art. 19-bis2 comma 9 del DPR 633/72).
Si ipotizzi il caso di un fabbricato strumentale acquistato (con IVA) nel 2017 e assegnato al socio nel 2023: la società dovrebbe rettificare l’imposta detratta nella misura di 4/10 (tanti decimi quanti sono gli anni mancanti al decorso del periodo di osservazione fiscale che, per i fabbricati, è fissato in dieci anni dall’acquisto del bene). Se l’imposta era stata detratta all’atto dell’acquisto per 50.000 euro, la rettifica da operare è pari a 20.000 euro (4/10 di 50.000). Tale ammontare potrebbe “neutralizzarsi” con altre poste a credito emergenti dalla dichiarazione IVA 2023, in assenza delle quali dovrà invece essere assolto integralmente.
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